Niamey – La Confederazione degli Stati del Sahel festeggia il primo anno dalla sua creazione, un passo che ha rafforzato l’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes), nata nel settembre 2023 da Mali, Burkina Faso e Niger. L’obiettivo dichiarato è difendere la sovranità dei membri, coordinarsi nella lotta al terrorismo e promuovere lo sviluppo socioeconomico.
Dalla crisi dei colpi di stato alla nascita dell’Aes
Tra il 2020 e il 2023, il Sahel occidentale è stato scosso da una serie di colpi di stato. In Mali, il colonnello Assimi Goïta ha deposto due presidenti di transizione, assumendo il controllo totale del Paese. In Burkina Faso, il giovane Ibrahim Traoré è salito al potere dopo due golpe nel 2022. Infine, in Niger, la giunta guidata dal generale Abdourahamane Tchiani ha arrestato il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum, instaurando un governo militare.
Questi eventi hanno spinto i tre Paesi a creare un’alleanza politica e militare, l’Aes, che stabilisce il principio della difesa collettiva: un attacco a uno dei membri equivale a un attacco a tutti. L’Alleanza ha così scongiurato un intervento militare da parte della Comunità economica dell’Africa occidentale (Ecowas) e consolidato la cooperazione tra i governi militari.
La Confederazione: più di un patto militare
Con la nascita della Confederazione degli Stati del Sahel con Mali, Burkina Faso e Niger hanno ampliato l’Alleanza includendo cooperazione politica, economica e sociale. Tra gli obiettivi principali vi sono infrastrutture, sanità, istruzione e sviluppo economico.
Il presidente Traoré ha sottolineato come l’unione serva a rafforzare la fiducia della popolazione nello Stato, riducendo il rischio di adesione a gruppi jihadisti. In un contesto segnato da anni di insicurezza e fragilità istituzionale, questo approccio mira a creare un tessuto di stabilità interna.
Pressioni internazionali e vuoto occidentale
L’ascesa dei militari nel Sahel è coincisa con il progressivo disimpegno delle potenze occidentali. La Francia ha chiuso le sue basi militari tra Mali, Burkina Faso e Niger, segnando la fine della storica influenza della Françafrique. Gli Stati Uniti hanno ritirato circa 1.000 soldati dal Niger, riducendo programmi di cooperazione e assistenza. L’Italia ha mantenuto una presenza ridotta, percepita dalle giunte come meno intrusiva rispetto ad altri attori occidentali.
Il vuoto lasciato dall’Occidente ha aperto spazio a nuove potenze globali.
Russia, Cina e Medio Oriente entrano in scena
La Russia fornisce supporto militare diretto attraverso Africa Corps, rafforzando l’alleanza con le giunte e la retorica antioccidentale. La Cina punta sulla cooperazione economica e sugli investimenti infrastrutturali. Iran ed Emirati Arabi Uniti hanno avviato un dialogo strategico e un supporto militare, con Abu Dhabi particolarmente attiva nel costruire relazioni economiche bilaterali.
Il Sahel diventa così un teatro geopolitico multipolare, dove la stabilità locale è intrecciata con interessi internazionali e rivalità globali.
Sfide e prospettive future
Nonostante il primo anno della Confederazione, il Sahel resta fragile: minaccia jihadista, instabilità economica e pressioni politiche esterne mettono alla prova la solidità dell’Alleanza. La Confederazione degli Stati del Sahel rappresenta un esperimento unico di cooperazione militare e politica, ma il futuro dipenderà dalla capacità dei Paesi membri di gestire le sfide interne e le complesse dinamiche geopolitiche. Il Sahel si trova oggi a un bivio: consolidare l’unità regionale e attrarre partner globali affidabili, oppure rischiare ulteriori instabilità con conseguenze che possono travalicare i confini africani.
