La Transnistria è un’area di circa 4.160 km², situata tra la Moldova orientale e l’Ucraina sud-occidentale, considerata da molti un’entità separatista filorussa. Questa regione, definita come un lembo di terra grande circa 3,5 volte l’area di Roma, rappresenta circa il 12% del territorio moldavo.
Popolazione e simboli sovietici
L’enclave ospita circa 400.000 persone, con una maggioranza di lingua russa, sebbene il governo di Chisinau dichiari che i cittadini moldavi siano circa 360.000. Nonostante la mancanza di riconoscimento internazionale, la regione si distingue per la presenza di simboli dell’Unione sovietica, che testimoniano il forte legame storico e culturale con Mosca.
Presenza militare e rischi di escalation
Mosca mantiene una significativa presenza nel territorio, con circa 1.500 soldati russi prontamente disponibili, principalmente a proteggere la base militare di Cobasna, dove sono immagazzinate armi sovietiche potenzialmente strategiche in caso di escalation del conflitto ucraino. A inizio 2022, eventi come esplosioni e attacchi alle torri radio avevano alimentato timori di un possibile coinvolgimento diretto della Russia in Moldova. Nel febbraio 2023, il Cremlino ha revocato un decreto del 2012 che mirava a rispettare la sovranità moldava, aprendo ulteriori timori di un coinvolgimento più attivo.
Nel 2024, il governo di Tiraspol ha rivolto un appello alla Russia affinché lo protegga da quello che definisce un’“ostilità economica” da parte della Moldova filo-occidentale, considerando che più di 220.000 cittadini russi risiedono nella regione.
Origini storiche e radici del conflitto
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica creò la Repubblica Socialista Sovietica Moldava, unendo la regione del Dnestr, con molti di lingua russa, e la Bessarabia, che era stata parte della Romania fino al 1940. La paura di un nazionalismo crescente e di una possibile riunificazione con la Romania si intensificò con le riforme del 1989, che affermarono il moldavo come lingua ufficiale, aprendo la strada a tensioni identitarie e linguistiche.
Nel 1990, la Transnistria dichiarò unilateralmente l’indipendenza con un referendum quasi unanime, portando alla contestazione da parte delle autorità di Tiraspol che rivendicavano di rappresentare l’unico vero Stato moldavo. La tensione sfociò in guerra nel 1992, con scontri armati intensi e più di 700 vittime, culminati con la vittoria delle forze di Tiraspol, sostenute dall’aiuto russo. Un cessate il fuoco mediato da Mosca pose fine ai combattimenti e lasciò circa 1.500 soldati russi nel territorio, mentre nessuno dei membri delle Nazioni Unite ha riconosciuto ufficialmente la sovranità.
L’influenza russa e le prospettive di pace
Mosca ha continuato a esercitare una forte influenza sulla regione, mantenendo una presenza militare e politica pressoché costante. La gestione delle armi sovietiche e le negoziazioni internazionali, supervisionate dall’OSCE, non hanno portato a una soluzione definitiva. Nel 2004, un piano mediato da Mosca che prevedeva la presenza permanente delle truppe russe provocò proteste di massa in Moldova, che portarono all’abbandono di quell’accordo.
Nel 2006, il territorio ha confermato con un referendum la propria volontà di restare indipendente e di unirsi alla Russia, consolidando così lo status di fatto di una regione separata e filo-russa.
La storia e la presenza militare della Russia rendono la Transnistria un punto caldo di instabilità regionale. La regione rappresenta un esempio di un conflitto congelato, anche se la tensione cresce in risposta agli eventi più ampi della crisi ucraina e delle relazioni tra Mosca e Occidente. La soluzione definitiva rimane ancora lontana, con continue negoziazioni e il rischio di un’escalation armata che preoccupa l’intera area europea.
