Domenica 20 luglio, in Giappone si è votato per rinnovare metà dei rappresentanti della Camera Alta. I risultati sono stati estremamente deludenti per i due partiti di governo, che hanno perso la maggioranza, dopo averla già persa lo scorso Ottobre alla Camera Bassa.
Il Partito Liberal Democratico (PLD), di cui il Primo Ministro Ishiba è presidente, e il partito Komeito hanno ottenuto solo 47 seggi, contro i 50 necessari per mantenere la maggioranza.
In un’intervista a NHK, Il Primo Ministro ha dichiarato di accettare il “triste e duro” risultato, ma ha escluso di volersi dimettere, affermando di voler proseguire finché sarà possibile. Ishiba si troverà, quindi, a guidare un governo di minoranza, in un contesto in cui sarà molto difficile approvare nuove leggi e provvedimenti.
L’opposizione, tuttavia, appare troppo frammentata per riuscire a far cadere il governo. Il secondo partito, il Constitutional Democratic party, di centro-sinistra, non ha guadagnato nuovi seggi, mantenendo i 38 precedenti. Al terzo posto, si colloca il Democratic Party for the People, di centro-destra, con 22 seggi.
Il risultato più sorprendente è stato quello del Sanseito, partito di estrema destra, che ha ottenuto 14 seggi, rispetto all’unico seggio che possedeva prima delle elezioni. Guidato da Sohei Kamiya, il partito è nato durante il periodo pandemico su Youtube e ha conquistato parte dell’elettorato, grazie ad una campagna basata sull’idea di “Japan First”, in linea con il movimento MAGA americano. Tra le proposte del partito, la più convincente per l’elettorato è stata la posizione sul tema dell’immigrazione. Kamiya, infatti, porta avanti da tempo la preoccupazione di un’invasione “silenziosa” da parte di stranieri.
Durante la pandemia, il partito era noto principalmente per le sue posizioni complottiste sui vaccini e teorie del complotto globaliste. L’ascesa del Sanseito si inserisce in un trend più ampio dell’estrema destra in Occidente, che vede crescere partiti come AfD in Germania e Reform UK in Inghilterra, facendo leva soprattutto sul tema dell’immigrazione.
Nel caso giapponese, in realtà, il dato sorprendente è che gli immigrati costituiscono solo il 3% della popolazione totale, a differenza dei paesi europei.
In questo clima di instabilità politica, il Paese si trova a far fronte a difficoltà interne ed esterne: da un lato, la crescita esponenziale dei prezzi (in particolare quello del riso) e dall’altro, le negoziazioni in corso per i dazi americani alle importazioni. Tokyo, infatti, è stata recentemente minacciata dall’amministrazione Trump con l’imposizione di dazi al 25% e si trova, attualmente, a trattare con Washington per trovare un nuovo accordo commerciale.
Al momento, gli Stati Uniti hanno imposto al Giappone dazi al 10% su tutte le importazioni giapponesi, ad eccezione del settore automobilistico, colpito invece da una tassa del 25%.
La capacità di governare dell’amministrazione Ishiba rimane incerta e sarà messa duramente alla prova nei prossimi mesi.
