Colpo di stato in Cile: nel 1973, il Cile fu teatro di uno degli eventi più controversi della Guerra Fredda: il colpo di stato contro il presidente Salvador Allende, che portò all’instaurazione della dittatura di Augusto Pinochet. Questa operazione, orchestrata con il supporto occulto degli Stati Uniti, segnò un momento cruciale nella storia latinoamericana e nell’intervento esterno negli affari sovrani di un paese.
Salvador Allende, eletto nel 1970, aveva promosso riforme socialiste destinate a ridistribuire ricchezze e migliorare le condizioni di vita dei cileni più svantaggiati. Tuttavia, tali politiche incontrarono la ferma opposizione di gruppi conservatori e delle potenze occidentali, in particolare degli Stati Uniti, preoccupate dall’espansione del comunismo nella regione. Documenti declassificati hanno rivelato come la CIA abbia sostenuto finanziariamente e logisticamente le forze controrivoluzionarie, collaborando con gruppi paramilitari e con l’esercito cileno stesso.
Il 11 settembre 1973 scattò il colpo di stato in Cile, con l’aereo militare che bombardò la Moneda, la sede del governo, e portò alla morte di Allende durante l’attacco. L’operazione militare fu il risultato di una strategia attentamente pianificata per eliminare ogni resistenza socialista e ristabilire un controllo favorevole agli interessi stranieri e alle élite nazionali.
Il regime di Pinochet instaurò un’epoca di repressione brutale, caratterizzata da arresti arbitrari, torture e scomparsi forzati. Parallelamente, la dittatura attuò riforme economiche neoliberiste sotto l’influenza degli economisti noti come i “Chicago Boys“. Solo con il ritorno alla democrazia, a partire dal 1990, il Cile ha iniziato un percorso di confronti e riconciliazione con il proprio passato drammatico. Le operazioni in Cile nel 1973 restano un esempio emblematico di come l’intervento straniero possa intervenire in misura decisiva sugli assetti politici di un paese, lasciando un’eredità ancora oggi oggetto di riflessione e discussione.