Hossein Salami, il capo dei Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione iraniana, era noto non solo per i discorsi infuocati contro Israele, ma anche per aver ordinato, nell’aprile dello scorso anno, il primo attacco di vasta scala con 300 droni e missili contro il “nemico giurato dell’Iran”.
Nelle ore scorse, Salami è stato ucciso in un attentato ordinato da Israele a Teheran. Poco più di un anno fa, nella notte tra il 13 e il 14 aprile 2024, la televisione di Stato iraniana lo aveva mostrato mentre dava gli ordini alle sue forze di lanciare questa operazione – il primo di questo genere condotto da Teheran contro Israele. La sua morte rappresenta un punto di svolta nella regione, segnando un’ulteriore escalation dei conflitti tra Iran e Israele.
Hossein Salami: il falco dei Pasdaran e l’architetto della strategia di Teheran
Hossein Salami, figura di spicco delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche dell’Iran, è stato a lungo considerato uno dei principali strateghi e simboli della linea dura di Teheran. Alto funzionario vicino alla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, Hossein Salami ha incarnato l’immagine di un leader deciso e senza mezze misure nel difendere gli interessi e il regime iraniano.
Il ‘falco’ della politica iraniana
Conosciuto come il “falco” dei Pasdaran, Hossein Salami è celebre per le sue invettive contro Israele e l’Occidente, che spesso accompagnava con discorsi incendiari e minacce di escalation militare. La sua figura aveva un ruolo chiave nel plasmare la postura confrontativa dell’Iran, alimentando tensioni nella regione e oltre.
Salami era considerato un vero e proprio “maestro della guerra psicologica”, abilissimo nell’uso della propaganda e della retorica per intimidire e provocare i nemici. In un discorso dello scorso mese, aveva ammonito: “Se commettete il minimo errore, vi apriremo le porte dell’inferno”. Questa minaccia rivoluzionaria rifletteva la sua visione radicale e la sua intenzione di mostrare una posizione intransigente rispetto alle minacce percepite dall’Occidente e da Israele.
In passato, aveva anche rivolto pesanti critiche a Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, sostenendo che il leader israeliano dovrebbe “allenarsi a nuotare nel Mar Mediterraneo” perché potrebbe essere costretto a fuggire dal suo Paese. Salami aveva inoltre dichiarato che diverse zone della regione rappresentano “un terreno fertile” per l’“annientamento e la distruzione del regime sionista”, rafforzando l’immagine di un’approccio di pura ostilità nei confronti di Israele.
Hossein Salami aveva un ruolo centrale anche nelle azioni militari di Teheran. Nell’aprile dello scorso anno, aveva ordinato il primo attacco di vaste proporzioni contro Israele, coinvolgendo 300 droni e missili. La televisione di Stato iraniana aveva mostrato il suo volto mentre dava gli ordini di quella storica operazione, simbolo di come Teheran stesse adottando una strategia sempre più aggressiva. La figura di Hossein Salami rappresenta l’aspetto più duro e antagonista dell’Iran nelle sue sfide internazionali. La sua morte, avvenuta nelle scorse ore in un attentato ordinato da Israele, rappresenta un colpo duro per l’establishment iraniano e potrebbe influenzare gli equilibri di potere nella regione.
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L’assenza di Salami lascia un’incognita sulle future strategie di Teheran, che potrebbe cercare di riorganizzarsi o adottare un approccio ancora più radicale in risposta alla sua eliminazione. Qualunque siano le conseguenze, una cosa è chiara: la sua figura resterà impressa come uno dei simboli di una linea di politica estera estremamente confrontativa e strategica, in un’area del mondo ormai da tempo teatro di tensioni e conflitti.