Lo scorso 16 luglio, Israele ha condotto raid aerei su obiettivi militari siriani a Damasco, inclusi il Ministero della Difesa e aerei vicino al palazzo presidenziale. L’azione è stata giustificata come protezione della minoranza drusa e come segnale per impedire l’avanzata delle forze siriane nella provincia siriana di Sweida. Nei giorni precedenti, Sweida era stato teatro di sanguinosi scontri tra le milizie druse, clan beduini e forze governative, con un bilancio complessivo che supera i 700 morti secondo fonti di agenzia.
Interventi diplomatici e cessate il fuoco
Attraverso la mediazione degli Stati Uniti, della Turchia e della Giordania si è giunti ad accordo di cessate il fuoco tra Israele e Siria. L’obiettivo era contenere l’escalation nella regione drusa. Persistono ancora tensioni tra il Ministro della Difesa israeliano che avverte che ulteriori saranno possibili se le forze siriane non si ritirano da Sweida. Le forze siriane interne stanno dispiegandosi nella provincia di Sweida con l’obiettivo di ristabilire ordine e “proteggere i civili” dopo il picco delle violenze. Fino ad aprile si è cercato di normalizzare le relazioni diplomatiche tra Israele e Siria, soprattutto dopo il rovesciamento del regime di Bashar-al Assad e l’avvento al potere di Ahmed Al-Sahara, leader del gruppo HTS. Con la mediazione degli Emirati Arabi si era arrivati a dei negoziati tecnici e canali riservati, focalizzati su sicurezza e antiterrorismo, anche se limitati e non ufficiali. Nel mese di maggio c’era stato persino un faccia a faccia tra delegati ufficiali di Damasco e rappresentanti israeliani con l’obiettivo di ridurre la tensione lungo il confine.
Quadro strategico regionale
Dopo la fine del regime di Assad nel dicembre 2024, Israele ha dichiarato nullo l’accordo di separazione del 1974 e ha esteso la propria presenza militare nel cosiddetto “buffer zone” nel sud della Siria, stabilendo posti di controllo e occupando alcune aree strategiche. Israele reclama il diritto di occuparsi stabilmente del Sud della Siria come difesa preventiva verso potenziali minacce al Golan. La nuova leadership siriana ha cercato sostegno regionale da Turchia, Emirati e Arabia Saudita, ma è anche preoccupata di non apparire come succube della Turchia. Vi è un crescente sospetto che Israele sia spingendo gli Stati Uniti a mantenere la Siria frammentata e indebolita, consentendo la permanenza delle basi russe come contrappeso a Turchia ed Iran.
Una normalizzazione delle relazioni tra Israele e Siria ad oggi resta improbabile: resta un profondo risentimento storico e disaccordo sulla questione del Golan. Dall’altro lato la società siriana resta profondamente frammentata: sempre più drusi e altre minoranze si sentono minacciati dal regime islamista e potrebbero nel futuro aspirare a maggiore autonomia o ricerca di tutela esterna, con crescenti implicazioni geopolitiche. In sostanza il rapporto tra Israele e Siria resta profondamente contraddittorio: da un lato c’è una forte componente militare israeliana sul terreno; dall’altro un’apertura molto cauta al dialogo tecnico e indiretti tentativi di stabilizzazione. La situazione umanitaria, le tensioni settarie e rivalità regionali rendono la pace estremamente fragile.