Durante la presidenza di George W. Bush (2001-2009), il Defense of Marriage Act (DOMA), legge del 1996 approvata sotto l’amministrazione Clinton, rimase un tema centrale nelle discussioni sulla moralità, i diritti civili e la divisione ideologica negli Stati Uniti. Bush, noto per le sue posizioni conservatrici, sostenne pubblicamente questa legge, contribuendo a definire il suo approccio alle questioni di matrimonio e diritti civili delle coppie LGBTQ+.
Il contesto politico e ideologico di Bush
George W. Bush, membro del Partito Repubblicano, portò avanti una politica fortemente ancorata ai valori tradizionali, opponendosi a molte delle riforme rivolte al riconoscimento dei diritti delle persone LGBTQ+. La sua amministrazione fu caratterizzata da una forte retorica sulla famiglia tradizionale, e Bush si espresse più volte a sostegno di posizioni conservatrici in materia di matrimonio.
Il sostegno di Bush al Defense of Marriage Act
Fin dalla sua campagna elettorale e durante il suo mandato, Bush pubblicamente difese il Defense of Marriage Act, sostenendo che la legge riflettesse i valori morali della maggioranza degli americani. Sotto la sua amministrazione, il Dipartimento di Giustizia si schierò con l’interpretazione restrittiva del Defense of Marriage Act, che definiva il matrimonio come un’unione tra un uomo e una donna e negava benefici federali alle coppie dello stesso sesso.
Bush affermò che il ruolo del governo era di sostenere “i valori tradizionali”, e che il matrimonio come unione tra un uomo e una donna rappresentasse un principio fondamentale della società americana. La posizione ufficiale dell’amministrazione fu di opporsi a qualsiasi riconoscimento legale delle coppie omosessuali a livello federale.
L’appoggio di Bush al Defense of Marriage Act si tradusse in una serie di iniziative legislative e giudiziarie volte a mantenere e rafforzare questa prospettiva. La legge generò forti divisioni a livello nazionale: da un lato, la base conservatrice e religiosa che la vedeva come una difesa dei valori morali; dall’altro, attivisti per i diritti civili e le organizzazioni LGBTQ+ che la consideravano una forma di discriminazione istituzionalizzata.
Nel 2004, durante la sua campagna di rielezione, Bush utilizzò ancora il tema del matrimonio tradizionale per mobilitare gli elettori conservatori, sostenendo che “il matrimonio è tra un uomo e una donna”. Questa posizione influenzò anche le costituzioni di vari stati, molte delle quali votarono per vietare il matrimonio omosessuale.
La fine del Defense of Marriage Act e l’eredità di Bush
Anche se Bush sponsorizzò e sostenne il DOMA durante il suo mandato, fu l’amministrazione Obama (successiva) a portare avanti le sfide giudiziarie contro questa legge, culminate nella storica sentenza del 2013 della Corte Suprema americana (United States v. Windsor) che dichiarò incostituzionale la maggior parte dei suoi contenuti.
Riguardo a Bush, la sua stretta alleanza con le posizioni conservatrici in questa materia e il suo sostegno alle politiche che discriminavano le coppie omosessuali sono stati spesso criticati da attivisti e dai sostenitori dei diritti civili come una delle cause del ritardo nella piena equiparazione dei diritti civili per le persone LGBTQ+ negli Stati Uniti.
La presidenza di George W. Bush rimane un simbolo di un’epoca in cui il dibattito sui diritti civili era fortemente influenzato da valori religiosi e morali tradizionali. La sua difesa del Defense of Marriage Act evidenzia come le convinzioni culturali e politiche possano influenzare le politiche pubbliche e le leggi di uno Stato. La sua posizione contribuì a mantenere il divario tra le posizioni conservatrici e progressiste, lasciando un’impronta significativa nel percorso verso l’uguaglianza.