Nella settimana del suo novantesimo compleanno, Tenzin Gyatso, 14esimo Dalai Lama, ha dichiarato che il suo successore sarà scelto seguendo i metodi tradizionali del buddhismo tibetano, e cercato fuori dai confini cinesi, fra i circa 140mila tibetani in esilio.
Secondo la tradizione, la Guida Suprema del buddhismo tibetano verrà individuata in seguito alla morte dell’attuale Dalai Lama, attraverso la ricerca della sua reincarnazione tra i bambini più piccoli.
La decisione arriva dopo anni di incertezza, durante i quali il Dalai Lama aveva più volte ipotizzato la possibilità di non avere un successore.
Il messaggio è stato prontamente commentato dal Partito Comunista cinese (PCC), che considera Tenzin Gyatso una minaccia per la stabilità del Paese, a causa delle sue rivendicazioni per un Tibet autonomo.
Attualmente, infatti, il Tibet è una regione autonoma della Repubblica Popolare Cinese, ma è sottoposta ad uno stretto controllo di Pechino. Il governo locale, subordinato all’autorità del PCC, esercita un rigido controllo sulla religione buddhista tibetana, mentre la cultura locale è spesso marginalizzata a favore di quella cinese.
Il Dalai Lama e il governo in esilio tibetano risiedono dal 1959 nella città di Dharamshala, nel nord dell’India, in seguito alle rivolte della popolazione contro il governo di Mao, represse dall’Esercito Popolare di Liberazione, che aveva occupato Lhasa, capitale del Tibet. Il leader tibetano fuggì in India per timore di persecuzioni e il PCC ne dichiarò l’illegittimità.
In questo clima di diffidenza, un portavoce del ministro degli esteri cinese ha risposto alle dichiarazioni del Dalai Lama, affermando che il successore sarà scelto esclusivamente all’interno del territorio cinese e che dovrà avere l’approvazione del Partito.
L’interferenza cinese appare in netto contrasto con l’ideologica comunista, che considera ogni religione una superstizione. Tuttavia, è chiaro come l’intento di Pechino sia quello di imporre un proprio Dalai Lama, per consolidare il controllo sulla regione.
Il commento del governo cinese ha alimentato preoccupazioni nella comunità tibetana, che teme che il Partito possa interferire nuovamente nella selezione, come accaduto nel 1995, quando un bambino designato come Panchen Lama – seconda carica del governo – fu rapito dalle autorità cinesi, le quali tentarono di imporre il “loro” Panchen Lama.