L’Oceano Pacifico è diventato da qualche anno il fronte più caldo dello scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina. Nella regione, infatti, i due Paesi sono alla continua ricerca di attirare dalla propria parte possibili alleati.
Con l’elezione di Donald Trump, tuttavia, alcuni equilibri sembrano cambiati: al contrario dei suoi predecessori (e rispetto al suo precedente mandato), Trump non appare più intenzionato a concentrare i suoi sforzi di politica estera nella regione, come sottolineano gli ultimatum per i dazi a Giappone e Corea del Sud. In questo scenario di incertezza, la Cina di Xi Jinping ha approfittato della situazione per espandere ulteriormente gli accordi commerciali con i Paesi del Pacifico, in particolare con le Isole che un tempo venivano considerate alleate strette di Australia e Nuova Zelanda.
Tra queste, vi sono le Isole Cook, uno Stato in libera associazione con Wellington, che all’inizio del 2025 ha siglato accordi commerciali con Pechino, durante una visita di 5 giorni del Primo Ministro cinese Li Qiang. I negoziati si sono concentrati prevalentemente sulla ricerca e sull’estrazione di minerali sui fondali marini, presenti in notevoli quantità nelle acque dell’arcipelago.
Il trattato ha suscitato numerose polemiche: da un lato, ha generato proteste tra la popolazione locale; dall’altro, ha sollevato l’allarme del governo neozelandese, che ha espresso forte preoccupazione per la scarsa trasparenza dei motivi della visita della delegazione cinese.
Secondo Wellington, il Primo Ministro delle Isole Cook, Mark Brown, avrebbe bypassato le consultazioni con il governo centrale neozelandese, che sarebbero invece obbligatorie in base agli accordi vigenti tra i due Paesi.
Le Isole Cook sono, di fatto, uno Stato autonomo che governa in libera associazione con la Nuova Zelanda, dalla quale ricevono assistenza economica e con la quale condividono la politica estera e la difesa. Il primo ministro Brown ha cercato di rassicurare Wellington, affermando che le preoccupazioni sono del tutto vane. L’accordo, tuttavia, ha irritato la Nuova Zelanda, che il mese scorso (giugno) ha deciso di sospendere tutti gli aiuti destinati alle Isole Cook. Questa decisione ha alimentato un generale malcontento tra la popolazione locale, indignata per il deterioramento dei rapporti con la Nuova Zelanda, considerata il partner più importante dalla maggioranza.
Oltre a finanziare il sistema sanitario locale, Wellington fornisce alle Isole Cook anche passaporti neozelandesi, difesa militare congiunta e diverse opportunità lavorative.
In un’intervista rilasciata al The Guardian, Anna Powles, docente presso il Centre for Defence and Security Studies del Massey University, ha dichiarato che l’interesse della Cina per i Paesi del Pacifico risiede soprattutto nella loro disponibilità a concedere diritti di estrazione per i minerali presenti sui fondali marini.
Questa corsa ai minerali, secondo Powles, è guidata soprattutto dalla loro applicazione in campo militare e strategico. L’esempio delle Isole Cook dimostra come Pechino stia intensificando sempre di più i legami con i Paesi della regione, in un momento storico in cui gli Stati Uniti e i suoi alleati sembrano più concentrati su altre questioni.
Negli ultimi anni, infatti, la Cina ha stretto accordi anche con altri Paesi del Pacifico, come Kiribati, Nauru e le Isole Salomone. In questi casi, non si è parlato soltanto di opportunità commerciali, ma anche di cooperazione in materia di sicurezza.
L’avanzata della Cina nella regione è motivo di preoccupazione per la Nuova Zelanda e i suoi alleati, che temono che una presenza sempre più massiccia di Pechino possa sfociare in un controllo militare delle aree chiave del Pacifico.