L’UE è spesso definita una “potenza normativa” non avendo un esercito europeo ma solo missioni di limitata portata. La sua natura di organizzazione sovranazionale piuttosto che di stato sovrano riflette la sua natura sui generis. Gli Stati Uniti, soprattutto sotto le amministrazioni democratiche, hanno utilizzato sempre più gli standard democratici e di giustizia sociale come lente per valutare e influenzare partner e concorrenti.
Per contro la poliedrica politica estera turca riflette la sua posizione geografica tra Europa e Asia, la storia, le tendenze attuali e l’equilibrio di potere in queste regioni. L’hard power della Turchia si riferisce all’uso della forza militare e di tattiche coercitive per influenzare gli affari regionali e internazionali. Il soft power della Turchia comprende l’attrattiva culturale, i legami religiosi e gli aiuti allo sviluppo.


Nel 2025, la nuova rappresentante per l’azione esterna dell’UE, Kaja Kallas, ha dichiarato il ruolo centrale della Turchia nella difesa europea. Eppure, l’UE dimostra di non essere un attore geopolitico rilevante visto a confronto col pragmatismo e la spregiudicatezza turca. Nel giugno 2015 l’Alto Rappresentante dell’UE per la Politica Estera ha dichiarato il suo approccio all’Islam politico visto come appartenente all’Europa. Tuttavia, nel 2017, il Terrorism Situation and Trend Report descrisse la rotta balcanica come una delle principali per i foreign fighters. L’entusiasmo del presidente Erdogan per il ruolo della Turchia nel “salvare l’Europa” sorvola sull’erdoganismo, lo spregiudicato confluire di ideologia islamista e pragmatismo. Un’analisi più approfondita della carriera politica del presidente Recep Tayyip Erdoğan mostra il rapporto sempre presente con la Fratellanza Musulmana.
L’impegno e gli aiuti economici, sociali e politici della Turchia rappresentano un’alternativa appetibile a confronto degli aiuti statunitensi ed europei, spesso legati a spinte ideologiche incompatibili con la sensibilità delle società africane. Ignorando la necessità di rispettare le culture locali per non essere percepiti come neocoloniali, l’UE e, principalmente, paesi come la Francia e, in passato, gli Stati Uniti, hanno promosso l’agenda ultraliberale incompatibile col Sud Globale. L’UE e l’amministrazione Biden si sono espresse apertamente sulla lotta contro le “interferenze straniere” da parte di attori che promuovono approcci alternativi a tali aiuti esteri. Questa posizione neocoloniale e aliena viene messa in questione dall’approccio pragmatico di attori come la Turchia, tra gli altri.

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Il processo di integrazione dell’UE nei Balcani dovrebbe essere sbloccato dallo stallo politico-normativo che non tiene conto del complesso contesto geopolitico e del rischio islamista. Anche le ONG dell’UE hanno insistito sui valori e sulla rigorosa aderenza alla politica estera e alla posizione sull’Ucraina. L’UE dovrebbe scollegare i negoziati di adesione e la liberalizzazione dei visti per la Serbia da questioni di relazioni bilaterali e sanzioni perché il Paese è una risorsa per l’intero Occidente.
Nel Mar Rosso, al limitato ruolo dell’UE si accompagna la neutralità turca in solidarietà con l’asse della resistenza, una posizione strategica sofferta vista l’imprevedibilità delle azioni terroristiche degli Houthi e compatibile con l’asse sino-iranico. Anche in questo caso la retorica impiegata non si accorda a quella di un alleato dell’Occidente. Inoltre, la cooperazione con la Somalia e con l’Eritrea si inquadra nel solco dell’approccio pragmatico a scapito della presenza europea e occidentale. L’UE dovrebbe essere riformata a livello istituzionale eliminando la regola dell’unanimità, creando un Alto Rappresentante con pieni poteri indipendenti, raggiungendo l’obiettivo del 2 % stabilito dall’articolo NATO, investendo sul riarmo già in atto e su un Piano Mattei per l’Africa. Con una politica estera che comprenda missioni più estese ed incisive sul territorio, l’UE e gli Stati Uniti potrebbero contrastare l’eccezionalismo turco e l’influenza sino-russa.


Il sostegno occidentale al Governo d’Unità Nazionale Libico ha offerto alla Turchia l’opportunità di aumentare la propria presenza e influenza, catapultando il suo alleato al rango di principale interlocutore e sponsor. Non solo, il rifiuto della Turchia di consentire qualsiasi tipo d’ ispezione degli alleati alle sue illegali consegne di armi dimostra come la sua strategia sia completamente disgiunta e indipendente. Nel complesso, l’Occidente dovrebbe sostenere la diplomazia del gas guidata da Grecia, Cipro e Israele, nonché la presenza statunitense in Siria, come deterrente al potere e alla presenza turca in Siria. Quest’ultima dovrebbe tenere conto dei legami dell’organizzazione del nuovo leader con la Turchia e della necessità d’impedire a Erdoğan di esercitare ulteriore influenza sull’equilibrio di potere nel governo del Paese. USA e UE dovrebbero sanzionare la Turchia per aver siglato l’illegale ZEE con la Libia. Il sostegno a Israele e agli Accordi di Abramo contrasterebbe il sostegno turco a Hamas e ad altre milizie palestinesi. La controversia turco-greca dovrebbe unire l’UE e la NATO in una strategia comune e decisa per contrastare le violazioni territoriali turche e le minacce ai partner NATO e UE. La stessa unione sarebbe auspicabile in relazione alla disputa tra India e Pakistan nel Kashmir a favore della prima e in funzione anti-Cina.

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L’ Unione Europea e i suoi stati nazionali dovrebbero inserire la Fratellanza Musulmana nella lista dei gruppi terroristici. Vista la natura della politica estera turca, le alleanze formali e informali intrattenute e la retorica e l’approccio anti-occidentale di Erdoğan, l’estensione dell’industria militare turca, quella che può essere definita la diplomazia del Bayraktar, dovrebbe essere ostacolata. Il ruolo di procuratore di Bayraktar nei conflitti regionali, in Africa e nel Sud-Est asiatico segnala un influenza turca indipendente compatibile con la Cina e, a volte, persino conflittuale con la NATO. L’inclusione della Turchia nel sistema F-35 e gli acquisti e gli accordi di Bayraktar dovrebbero essere subordinati al rispetto di una serie di linee rosse in politica estera da parte degli Stati Uniti e degli alleati. L’islamismo turco, le alleanze storiche e l’avvicinamento alla Cina contribuiscono a sfidare le narrazioni occidentali e, di fatto, ostacolano molte iniziative guidate da Stati Uniti e UE. Queste richiederebbero agli alleati una politica muscolare per mitigare gli effetti dell’eccezionalismo turco.

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Analista. Scrive di relazioni NATO/UE-Russia, sull'influenza russa e cinese in Europa e sulla cooperazione bilaterale/multilaterale da una prospettiva di sicurezza e geopolitica. Applica questi argomenti a casi di studio come i Balcani occidentali, il Caucaso meridionale, il Mediterraneo orientale e il Mar Rosso.

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