È stato un fine settimana impegnativo per alcuni paesi europei, si è infatti votato in tre stati dell’UE: Portogallo, Polonia e Romania. In Portogallo si sono votate le elezioni parlamentari per la terza volta in tre anni, che sono state vinte da Alleanza Democratica, partito di centrodestra del primo ministro uscente, Luís Montenegro, superando il 32%. Nonostante il risultato di Alleanza Democratica sia migliorato di quasi 5 punti dalle scorse elezioni, molto probabilmente sarà comunque difficile trovare una maggioranza in parlamento. Questo è anche dovuto al fatto che il Partito Socialista e Chega!, il partito di estrema destra populista, avranno lo stesso numero di parlamentari. Chega! ha infatti ottenuto il miglior risultato dalla sua fondazione, raggiungendo più del 22% e giocandosela fino all’ultimo con i Socialisti per il secondo posto. Domenica sera il suo leader, André Ventura, ha detto che il partito ha «ucciso il bipolarismo», riferendosi al sistema istituzionale portoghese per decenni dominato dai due partiti maggiori di centrodestra e centrosinistra.

Per i Socialisti invece il risultato è stato disastroso, uno dei peggiori di sempre, mettendo in discussione la leadership di Pedro Nuno Santos, che infatti si è dimesso domenica sera: il favorito a sostituirlo è l’ex ministro dell’Interno José Luís Carneiro, ma dovrà essere eletto dopo un congresso straordinario del partito. L’apparizione di un terzo partito in un sistema che è stato basato sul bipolarismo che reggeva dal 1974 è un cambio storico, che crea però anche grossi problemi di governabilità: servono 116 parlamentari su 230 totali per avere la maggioranza in parlamento, è Alleanza Democratica ne può contare 88; Montenegro dovrà probabilmente formare un nuovo governo di minoranza come l’ultimo, cercando l’appoggio o l’astensione delle opposizioni su singole misure.


Passando alla Polonia, dove si votava per il primo turno delle presidenziali, i due candidati più votati sono stati il candidato del blocco di centrodestra al governo, Rafał Trzaskowski, e quello del partito sovranista e di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS), Karol Nawrocki: ci sarà un ballottaggio tra i due il primo giugno. Trzaskowski – che ha preso il 31,4% di voti – è già sindaco di Varsavia ed è il candidato della Coalizione Civica, partito liberale e pro-europeo, che al momento è al governo e di cui fa parte anche il primo ministro Donald Tusk. Trzaskowski si rivolgeva anche agli elettori più progressisti, ma ultimamente aveva cercato di spostare sensibilmente a destra le sue posizioni, soprattutto sulla sicurezza e l’immigrazione – punti forti dei suoi avversari; questo riposizionamento potrebbe potenzialmente però alienargli una parte dell’elettorato progressista, specialmente donne e giovani, che erano stati determinanti per portare Coalizione Civica al governo.  Si tratta comunque di un politico molto noto e rispettato, che veniva dato come favorito dai sondaggi. Al contrario, prima di queste elezioni Naweocki era essenzialmente uno sconosciuto ed è stato candidato da Diritto e Giustizia in una fase di grosse difficoltà giudiziarie e di carenza di fondi: si tratta per lui di un risultato molto incoraggiante – il 29,5% – ed è probabile che al ballottaggio riceverà molti voti che al primo turno sono andati al candidato di estrema destra, Sławomir Mentzen. Quest’ultimo era tra i favoriti per il ballottaggio assieme agli altri due e rappresentava un po’ l’incognita di questo primo turno: candidato del partito di estrema destra Confederazione, si è però fermato al 15%.

Infine, in Romania la questione è più complessa: il primo turno delle presidenziali che aveva visto come vincitore Călin Georgescu era stato annullato dopo che l’intelligence del paese aveva riscontrato delle interferenze russe a suo vantaggio. Il voto si è quindi tenuto nuovamente il 4 maggio scorso e il risultato ha visto il candidato di estrema destra, il sovranista George Simion, come più votato. Domenica si è quindi andati al ballottaggio tra lui e Nicușor Dan, indipendente e sindaco di Bucarest: i sondaggi li avevano dati fino all’ultimo come molto vicini. Simion ha ottenuto il 46,4% dei voti, mentre Dan il 53,6%, vincendo così le elezioni. La differenza principale sul risultato con il primo turno è probabilmente dovuta all’affluenza molto più alta al secondo turno: il dato finale è stato del 64,72% di affluenza, uno dei più alti degli ultimi vent’anni e molto superiore rispetto al 53,2% del primo turno. Dan e Simon sono entrambi candidati anti-sistema, esterni ai partiti istituzionali, ma molto distanti politicamente: mentre Simion è nazionalista ed euroscettico di estrema destra, Dan non si considera né progressista né conservatore, ma «un tecnocrate» ed un europeista convinto; si è distinto come attivista e ha vinto presentandosi come garante dell’appartenenza della Romania all’Unione Europea e alla NATO.

Ora dovrà interfacciarsi con i diversi partiti per nominare un nuovo governo: ad inizio maggio, infatti, il primo ministro Marcel Ciolacu si era dimesso a causa del pessimo risultato del candidato della coalizione di governo al primo turno delle elezioni presidenziali, ed era quindi stato nominato come primo ministro ad interim Catalin Predoiu, il ministro dell’Interno. Nel frattempo, però, martedì Simion ha chiesto di annullare un’altra volta le elezioni, denunciando la presenza di interferenze di Francia e Moldavia, versione sostenuta dalla propaganda russa: ha quindi annunciato un ricorso alla Corte costituzionale della Romania, sostenendo di avere “prove”, che non ha però fornito. La sua tattica sembrerebbe quella di ricalcare la situazione del primo turno delle presidenziali dello scorso novembre, che, come detto, era stato annullato dopo che l’intelligence romena aveva riscontrato – con delle prove – delle interferenze russe a favore di Georgescu. Più in particolare, Simion ha affermato che questa volta ci sarebbero state delle irregolarità nel voto estero in Moldavia e imprecisate influenze francesi. Simion stesso ha detto di non avere grosse aspettative sull’annullamento delle presidenziali e ha chiesto ai romeni di fare separatamente altri reclami alla Corte.

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Mi chiamo Sara e racconto il mondo con parole scelte con cura. Dopo una laurea in comunicazione giornalistica e una formazione in lingue per l’editoria, mi sono specializzata nella scrittura di politica estera, con un focus su Europa e Asia. Collaboro a progetti editoriali e newsletter indipendenti, dove unisco l’approfondimento all’attualità, con uno sguardo critico attento anche alle questioni di genere e alla rappresentazione nei media. Parlo cinque lingue, elemento che arricchisce e orienta il mio lavoro di analisi e scrittura internazionale.

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