A bordo dell’Air Force One, in rotta verso l’Asia, Donald Trump ha annunciato su Truth Social un nuovo dazio del 10% sulle importazioni dal Canada. Una mossa che segna un’ulteriore escalation nelle già tese relazioni commerciali tra Washington e Ottawa, innescata – in modo insolito – da una campagna pubblicitaria da 75 milioni di dollari voluta dal premier dell’Ontario Doug Ford.
La scintilla: una pubblicità “con la voce di Reagan”
Come riportato da Reuters, lo spot incriminato è stato trasmesso durante la prima partita delle World Series tra Toronto Blue Jays e Los Angeles Dodgers. La campagna, finanziata dal governo dell’Ontario, utilizzava estratti di un discorso radiofonico del 1987 di Ronald Reagan, in cui l’ex presidente metteva in guardia dai rischi economici e politici dei dazi commerciali.
L’intento era chiaro: criticare la politica protezionista di Trump, evocando l’eredità reaganiana del libero scambio. Ma la reazione della Casa Bianca è stata immediata.
Trump ha definito la pubblicità una “frode” e un “atto ostile”, accusando il Canada di aver travisato le posizioni di Reagan. Secondo Politico, il presidente ha sostenuto che il suo predecessore “amava i dazi” per motivi di sicurezza nazionale, nonostante il contesto storico fosse assai più sfumato.
La replica di Ford e le accuse di manipolazione
La Ronald Reagan Presidential Foundation, citata da CNBC, ha criticato l’uso “selettivo e decontestualizzato” delle parole dell’ex presidente, sottolineando che l’Ontario non aveva chiesto l’autorizzazione per utilizzare l’audio.
Il New York Times ha rivelato che il montaggio riorganizzava le frasi originali, enfatizzando la critica ai dazi e omettendo le parti in cui Reagan giustificava tariffe mirate contro il Giappone per violazioni commerciali.
Di fronte alle accuse, Doug Ford ha pubblicato integralmente il discorso originale di Reagan online, difendendo la legittimità della campagna. Tuttavia, come riporta NPR, ha poi annunciato la sospensione temporanea degli spot per favorire la ripresa dei negoziati con Washington.
Una relazione commerciale sempre più fragile
Le tensioni economiche tra Stati Uniti e Canada non sono nuove. Dopo la sostituzione del NAFTA con l’Accordo Stati Uniti-Messico-Canada (USMCA) durante il primo mandato di Trump, i rapporti bilaterali si erano già incrinati per una serie di dazi unilaterali imposti da Washington.
Secondo Reuters, l’amministrazione Trump II ha introdotto tariffe del 35% su prodotti canadesi non coperti dall’USMCA, del 50% su acciaio e alluminio, e del 25% su componenti automobilistiche.
Il Canada, che esporta oltre il 75% dei suoi beni verso gli Stati Uniti, ha subito gravi contraccolpi nei settori automobilistico, siderurgico e del legname.
“La verità è che questi dazi sono una tassa sugli americani”, ha dichiarato Candace Laing, presidente della Camera di Commercio canadese, citata da The Guardian. “Danneggiano la competitività nordamericana e minano la fiducia reciproca.”
Carney cerca il dialogo, ma Trump chiude le porte
Il nuovo primo ministro canadese Mark Carney ha cercato di riportare i rapporti su binari più pragmatici. Come scrive Politico, Carney ha espresso la volontà di riprendere i negoziati commerciali, sottolineando l’importanza di “un dialogo diretto e costruttivo” con la Casa Bianca.
Il ministro del Commercio Dominic LeBlanc, citato dalla BBC, ha ribadito l’impegno del Canada a trovare un compromesso che “tuteli i lavoratori di entrambi i Paesi”.
Ma Trump, secondo il New York Times, ha fatto sapere di non avere intenzione di incontrare Carney durante il summit dell’ASEAN in Malesia, dove entrambi saranno presenti.
Un caso anche legale: la Corte Suprema in arrivo
Dietro la crisi diplomatica si nasconde anche un fronte giuridico. Come evidenzia Fortune, la Corte Suprema degli Stati Uniti esaminerà a novembre la legittimità dei dazi imposti da Trump sotto l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA).
Trump accusa Ottawa di aver orchestrato la campagna di Ford per influenzare l’opinione pubblica e la Corte, definendola “una manovra per interferire in uno dei casi più importanti della storia americana”.
Tuttavia, secondo l’esperto Peter Harrell del Georgetown Institute of International Economic Law, l’IEEPA non autorizza l’uso di dazi per regolare “informazioni o materiali informativi” — il che potrebbe rendere il nuovo dazio del 10% privo di base legale.
Anche Erica York della Tax Foundation ha messo in dubbio la validità del provvedimento: “Non è chiaro se si tratti di una misura economica o di una reazione politica impulsiva”.
L’impatto sull’economia nordamericana
Ogni giorno, oltre 3,6 miliardi di dollari canadesi in beni e servizi attraversano il confine tra Stati Uniti e Canada. L’Ontario, motore industriale del Paese, è particolarmente esposto: la sua industria automobilistica dipende in larga parte dalle catene di fornitura statunitensi.
Flavio Volpe, presidente dell’Automotive Parts Manufacturers’ Association, ha definito la nuova tariffa “un’escalation non provocata e ingiustificata”, avvertendo che “finirà per colpire i consumatori americani più che i produttori canadesi”.
Nel frattempo, come ricorda la BBC, il Canada resta l’unico Paese del G7 a non aver ancora raggiunto un’intesa con Washington per ridurre i dazi. Un isolamento che aumenta la pressione politica su Carney e rende la crisi commerciale ancora più esplosiva.
Un conflitto economico e simbolico
La disputa tra Washington e Ottawa non è solo economica, ma profondamente politica e simbolica.
Dietro la nuova tariffa si intravedono le tensioni identitarie tra protezionismo e libero mercato, due visioni dell’America che continuano a scontrarsi — persino attraverso la voce di un presidente del passato.
Mentre Trump rilancia la sua battaglia per la “sicurezza economica nazionale”, il Canada tenta di mantenere aperti i canali diplomatici. Ma, come scrive The Guardian, la sensazione a Ottawa è che “il confine più lungo e pacifico del mondo stia diventando anche uno dei più costosi”.
