Il prossimo ottobre segnerà l’entrata di Timor Est nella comunità dei Paesi del Sudest asiatico, completando un processo di adeguamento alle norme iniziato nel 2011. Per Timor Est, indipendente dalla vicina Indonesia dal 2002, si tratta di un’occasione per dare nuova linfa allo sviluppo economico del Paese, ancora fortemente sottosviluppato.
Situato nella parte orientale dell’Isola di Timor, a nord dell’Australia, Timor Est è un piccolo Stato di circa un milione di abitanti, la cui economia dipende fortemente dall’estrazione di gas naturale e petrolio, presenti nei fondali marini vicini alle coste.
Nel corso della sua storia, Timor Est ha subito due grandi occupazioni: prima quella portoghese, terminata nel 1975 con la caduta del regime di Salazar, e poi quella indonesiana, segnata da scontri violenti tra il corpo armato indipendentista FALINTIL e l’esercito di Suharto.
Attualmente, il Paese registra una crescita economica costante di 8 punti percentuali all’anno e, secondo stime governative, potrebbe portare Timor Est a diventare una nazione a medio reddito entro il 2030.
Per l’ASEAN, l’ammissione di Timor Est rappresenta un importante traguardo, soprattutto dal punto di vista ideologico: in quanto promotrice di inclusività, l’Associazione dimostra così di interessarsi anche verso i Paesi più poveri della regione, rafforzando la cooperazione in diversi settori.
Tuttavia, l’ingresso di Timor Est può rivelarsi controproducente per l’associazione, minando in particolare al principio di consenso unanime, su cui l’ASEAN basa le proprie decisioni. Questo metodo ha già mostrato evidenti limiti in occasione delle discussioni sulla crisi in Myanmar e sulla dispute nel Mar Cinese Meridionale. Un nuovo Stato da coinvolgere nei processi decisionali potrebbe rallentare, se non addirittura, bloccare il raggiungimento del consenso unanime.
Questo non è l’unica preoccupazione riguardo all’ammissione di Timor Est. I governi degli Stati membri temono anche le forti disparità all’interno del blocco. Con un PIL pro capite di circa 1000USD, Timor Est si colloca al livello del Myanmar come Paese più povero della regione. Tuttavia, la sua economia è ben più ridotta di quella birmana e, per questo motivo, potrebbe incontrare grandi difficoltà nel finanziare autonomamente nuove infrastrutture necessarie allo sviluppo. In questo modo, il sostegno economico al Paese ricadrebbe principalmente sui Paesi membri più ricchi e sui partner esterni, quali Giappone, Australia e Unione Europea. Questo squilibrio nella distribuzione degli aiuti potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo alla coesione del blocco.
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Negli ultimi anni, Timor Est ha anche beneficiato del sostegno cinese per lo sviluppo di nuove infrastrutture. Una simile vicinanza a Pechino potrebbe diventare motivo di attrito tra i membri, come già accaduto con la Cambogia. Se Dili dovesse mantenere stretti legami con la Cina, diventerebbe ancora più difficile per l’ASEAN raggiungere decisioni unanimi su questioni spinose come le contese territoriali nel Mar Cinese Meridionale.
Resta dunque incerto il ruolo che Timor Est assumerà all’interno del blocco. Quel che è certo è che il Paese potrà trarre grandi benefici dal supporto politico ed economico dei Paesi dell’ASEAN e rafforzare la propria economia.