Il 20 settembre 2025, alla vigilia dell’apertura del processo al Vicepresidente del Sud Sudan, Riek Machar, la tensione latente nel Paese è esplosa in violenza. La milizia ribelle guidata da Machar, il Sudan People’s Liberation Army – Movement in Opposition (SPLM-IO), ha attaccato una base dell’esercito regolare, le South Sudan People’s Defence Forces (SSPDF), nello Stato federale dell’Upper Nile, una regione strategica per le sue risorse idriche e i giacimenti petroliferi.
L’attacco ha riacceso le profonde divisioni etniche che da anni segnano il Paese, con i Nuer – etnia di Machar e dello SPLM-IO – e i Dinka – etnia di Salva Kiir, Presidente del Sud Sudan – che tornano a fronteggiarsi. Machar era stato arrestato a marzo su ordine di Kiir, accusato di responsabilità negli scontri tra la Nuer White Army e le forze governative nell’Upper Nile.
La guerra civile 2013–2020 tra Dinka e Nuer aveva lasciato cicatrici profonde, chiudendosi con la formazione di un governo di unità nazionale che vedeva al vertice sia Kiir sia Machar, con l’obiettivo di garantire stabilità e riconciliazione. L’attacco di settembre, tuttavia, rischia di far deragliare questo fragile equilibrio, riportando il Paese sull’orlo di un conflitto generalizzato.
Il ruolo dei vicini: Uganda, Sudan ed Etiopia
Lo scenario sud sudanese non si limita ai confini nazionali. L’Uganda sostiene Kiir e l’esercito regolare, difendendo i propri interessi nel corridoio infrastrutturale LAPSSET (Lamu Port–South Sudan–Ethiopia–Transport). Il Sudan, invece, mira a limitare i legami tra Machar e le ribelli Rapid Support Forces (RSF), e potrebbe cercare di influenzare la politica di Juba a proprio favore.
Anche l’Etiopia osserva attentamente gli sviluppi: la stabilità del Sud Sudan è cruciale nella gestione delle acque del Nilo, soprattutto dopo l’entrata in funzione della Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD). Addis Abeba ha più volte tentato di mediare tra le fazioni sud sudanesi, cercando di preservare Juba come alleato strategico.
Secondo gli analisti, potrebbero cercare ulteriori alleanze oltre confine, con il rischio concreto che il conflitto interno si trasformi in una proxy war regionale, coinvolgendo direttamente o indirettamente Sudan, Uganda ed Etiopia.
Rischi per la stabilità e l’economia
L’Upper Nile è un nodo cruciale per le risorse energetiche e idriche del Sud Sudan, e la recente escalation potrebbe compromettere ulteriormente un Paese già segnato da povertà diffusa e fragilità istituzionale. Una nuova guerra civile metterebbe a rischio non solo la sicurezza dei civili, ma anche la produzione di petrolio e la gestione delle infrastrutture strategiche, con ripercussioni economiche per l’intera regione.
La comunità internazionale osserva con preoccupazione, ma finora le risposte concrete appaiono limitate. Senza interventi diplomatici incisivi e senza una riduzione delle ingerenze esterne, il Sud Sudan rischia di scivolare nuovamente in un ciclo di violenza etnica e instabilità prolungata, con possibili effetti destabilizzanti sull’Africa centrale e orientale.
