Il 13 aprile i cittadini ecuadoriani torneranno alle urne per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Al primo turno, lo scorso 9 febbraio, nessuno dei candidati ha raggiunto la soglia necessaria per vincere: il 50% più uno dei voti, oppure il 40% con almeno dieci punti di vantaggio sul secondo.
La sfida per il ballottaggio vede contrapposti Daniel Noboa, presidente in carica e giovane imprenditore di 36 anni, e Luisa Gonzalez, 47 anni, esponente del partito Revolución Ciudadana, fondato dall’ex presidente Rafael Correa. Noboa ha ottenuto il 44,17% dei voti, mentre Gonzalez si è fermata al 44%, separata da appena 16.000 preferenze, rendendo il risultato del secondo turno estremamente incerto.
Un ruolo decisivo potrebbe spettare alle popolazioni indigene, rappresentate da Leonidas Iza e dal partito Pachakutik, che al primo turno ha raccolto oltre il 5% dei voti. Molte delle sue proposte, in particolare quelle legate a giustizia sociale e tutela dell’ambiente, si avvicinano alle posizioni di Gonzalez. Di recente, la Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador (Conaie) ha siglato un accordo programmatico con Revolución Ciudadana, finalizzato a collaborare su singoli temi, più che a un vero sostegno elettorale alla candidata.
A pochi giorni dal voto i sondaggi non offrono certezze. Secondo Telcodata, Gonzalez è leggermente in vantaggio con il 50,2% dei consensi contro il 49,8% di Noboa, mentre per Comunicaliza il margine è opposto, con il presidente in carica davanti al 50,3% contro il 49,7% della sfidante. L’esito rimane quindi apertissimo, e i voti delle comunità indigene e dei sostenitori di liste minori potrebbero rivelarsi determinanti.
Negli ultimi anni, l’Ecuador ha visto crescere la sua centralità nelle rotte del narcotraffico internazionale. Fino a poco tempo fa il Paese era escluso da queste dinamiche, ma la riduzione della collaborazione con la DEA e dei finanziamenti alla lotta antidroga ha favorito l’ingresso dei cartelli messicani e il rafforzamento delle bande locali. L’aumento della criminalità e della violenza ha avuto conseguenze drammatiche: nel 2023, durante la campagna elettorale, il candidato Fernando Villavicencio è stato ucciso. Per contrastare le bande armate, Noboa ha introdotto lo stato d’eccezione e leggi speciali che continuano a regolare le attività di sicurezza interna.
Anche la politica estera dell’Ecuador potrebbe cambiare radicalmente a seconda del vincitore. Noboa mantiene stretti legami con gli Stati Uniti e ha ottenuto collaborazione militare e finanziaria, incluso un accordo da 4 miliardi di dollari con il FMI. Ha inoltre offerto la possibilità di basi militari statunitensi nel Paese, considerate strategiche per combattere il narcotraffico. Gonzalez, invece, propone un cambio di rotta, annunciando l’intenzione di riconoscere Nicolas Maduro come presidente del Venezuela e rafforzare le relazioni con la Cina, principale investitore nelle infrastrutture e nel settore energetico ecuadoriano.
A prescindere dal vincitore, il nuovo presidente dovrà affrontare sfide importanti sul fronte interno. La recessione economica e la crisi energetica hanno portato a razionamenti di carburante ed energia elettrica su scala nazionale, problemi aggravati dalla manutenzione insufficiente degli impianti e dal cambiamento climatico. Risolvere queste criticità strutturali richiederà azioni immediate e una strategia di lungo termine per garantire stabilità al Paese.
Il ballottaggio tra Noboa e Gonzalez rappresenta molto più di un semplice turno elettorale. La scelta dei cittadini influenzerà il modello di sviluppo economico, la gestione della sicurezza, la politica estera e il futuro sociale dell’Ecuador. Con sondaggi in equilibrio e un contesto politico e sociale complesso, il Paese si prepara a una decisione che potrebbe determinare la sua traiettoria nei prossimi quattro anni.
