La Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, nota con l’acronimo inglese ECOWAS (Economic Community of West African States) o francese CEDEAO (Communauté Économique des États de l’Afrique de l’Ouest), è una delle organizzazioni regionali più importanti del continente africano. Fondata nel 1975 con il Trattato di Lagos, rappresenta un ambizioso tentativo di costruire una comunità politica, economica e di sicurezza tra quindici Stati sovrani dell’Africa occidentale.
L’ECOWAS nacque in un contesto di forte fermento post-coloniale, quando i nuovi Stati indipendenti dell’Africa cercavano di consolidare la propria sovranità economica e ridurre la dipendenza dalle ex potenze europee. Il Trattato di Lagos fissava come obiettivo la creazione di un mercato comune regionale attraverso la libera circolazione di beni, persone, capitali e servizi, l’unione doganale e il coordinamento delle politiche economiche e monetarie. Nel tempo, però, la missione dell’ECOWAS si è evoluta: alle ambizioni economiche si è aggiunta una forte dimensione politica e di sicurezza, nata dalla consapevolezza che non può esistere integrazione economica senza stabilità politica.
La sede centrale dell’ECOWAS si trova ad Abuja, in Nigeria, il Paese più popoloso e influente dell’Africa occidentale. L’organizzazione dispone di una struttura istituzionale articolata, modellata in parte sull’Unione Europea. La Conferenza dei Capi di Stato e di Governo rappresenta l’organo decisionale supremo e stabilisce le linee politiche generali, mentre il Consiglio dei Ministri supervisiona l’attuazione delle decisioni politiche e valuta lo stato dell’integrazione economica. La Commissione ECOWAS funge da organo esecutivo e tecnico, con poteri di proposta e gestione dei programmi regionali. Il Parlamento della CEDEAO rappresenta i cittadini dei Paesi membri con funzioni consultive e di controllo democratico, mentre la Corte di Giustizia della CEDEAO ha competenza sulle dispute tra Stati membri e sul rispetto dei diritti umani nella regione.
L’ECOWAS è composta da quindici Stati membri: Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo. Negli ultimi anni, tuttavia, l’organizzazione ha vissuto una profonda crisi di coesione interna. Nel 2024, Mali, Niger e Burkina Faso, tutti guidati da giunte militari dopo colpi di Stato, hanno annunciato la loro intenzione di ritirarsi dalla Comunità, accusandola di servire interessi estranei all’Africa e di essere troppo influenzata da potenze occidentali.
Fin dalle origini, l’ECOWAS ha promosso la libera circolazione delle persone e delle merci nella regione. Il Protocollo del 1979 ha consentito ai cittadini dei Paesi membri di viaggiare, risiedere e lavorare in altri Stati della Comunità senza visto, anticipando un modello simile a quello dell’Unione Europea. L’organizzazione mira anche alla creazione di una moneta unica, l’“eco”, destinata a sostituire il franco CFA e a rafforzare l’autonomia economica dell’Africa occidentale. Tuttavia, il progetto, più volte rinviato, è ostacolato da disuguaglianze economiche, divergenze politiche e dall’influenza della Francia nella regione francofona.
L’ECOWAS si è distinta come una delle poche organizzazioni africane dotate di una forza militare di intervento, nota come ECOMOG (ECOWAS Monitoring Group). Questa forza è intervenuta in diversi conflitti regionali, tra cui Liberia, Sierra Leone, Costa d’Avorio, Mali e Gambia, dove costrinse il dittatore Yahya Jammeh a lasciare il potere. L’organizzazione ha così assunto un ruolo di “gendarme regionale”, cercando di garantire la pace e la transizione democratica negli Stati membri.
Nel 2001, l’ECOWAS ha adottato il Protocollo sulla democrazia e la buona governance, che vieta esplicitamente l’accesso al potere attraverso colpi di Stato o mezzi incostituzionali. Tuttavia, la recente ondata di golpe militari in Mali, Guinea, Burkina Faso e Niger ha gravemente compromesso la credibilità di questo principio. In risposta, l’ECOWAS ha sospeso i Paesi colpiti, imposto sanzioni economiche e minacciato interventi militari, ma con scarsi risultati, poiché molte giunte hanno consolidato il proprio potere e trovato sostegno reciproco.
Oggi, l’ECOWAS affronta sfide profonde e complesse. L’instabilità politica cronica, i colpi di Stato, le tensioni etniche e il terrorismo jihadista nel Sahel minano la stabilità della regione. La fragilità economica, la dipendenza dalle esportazioni di materie prime e la vulnerabilità ai cambiamenti climatici accentuano le difficoltà. A ciò si aggiungono le divergenze tra Paesi francofoni e anglofoni, che ostacolano la piena integrazione, e la competizione geopolitica tra Francia, Stati Uniti, Cina e Russia, che condiziona le scelte politiche regionali. L’ascesa di nuove alleanze militari, come l’“Alleanza degli Stati del Sahel”, rischia di frammentare ulteriormente la Comunità.
Nonostante le crisi, l’ECOWAS rimane una pietra angolare dell’integrazione africana. L’organizzazione sta lavorando per rilanciare il progetto della moneta unica “eco”, rafforzare le capacità di risposta contro il terrorismo e l’insicurezza transfrontaliera, promuovere iniziative energetiche e infrastrutturali regionali e consolidare una governance più autonoma, meno dipendente dalle influenze esterne.
Dopo cinquant’anni dalla sua fondazione, la CEDEAO si trova di fronte a un bivio storico. Può diventare un vero motore di sviluppo e stabilità regionale, se riuscirà a modernizzare le proprie istituzioni e a includere anche gli Stati attualmente dissidenti. Ma se non saprà gestire le divisioni interne e la crisi del Sahel, rischia di trasformarsi in un simbolo incompiuto dell’integrazione africana, incapace di realizzare la visione di un’Africa occidentale unita, sovrana e prospera.
