Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha iniziato a trasformare in modo significativo il modo in cui le forze armate pianificano e conducono le operazioni sul campo. Un esempio concreto di questa trasformazione è rappresentato dagli esperimenti condotti dall’U.S. Air Force presso il Shadow Operations Center-Nellis (SHOC-N), una struttura avanzata di laboratorio tattico situata vicino a Las Vegas, pensata per testare e perfezionare nuove tecnologie e procedure. Qui si stanno svolgendo le cosiddette sprint esercitazioni DASH, acronimo di Decision Advantage Sprint for Human-Machine Teaming, progettate per esplorare come l’AI possa accelerare e migliorare il processo decisionale umano in scenari complessi e ad alta velocità.
La più recente di queste sperimentazioni, DASH-2, ha messo alla prova sistemi AI capaci di generare “corsi d’azione” (COA) per la selezione dei target militari, confrontando le performance di squadre composte solo da operatori umani con quelle di team umano-macchina. I risultati, per certi versi, sono stati sorprendenti: l’AI ha prodotto dieci COA in circa otto secondi, contro i tre generati dai team umani in sedici minuti. La velocità e la quantità di proposte dimostrano un chiaro vantaggio tecnologico, soprattutto in contesti dove la rapidità di decisione può fare la differenza tra successo e fallimento.
Tuttavia, l’entusiasmo iniziale viene temperato dalla realtà dei limiti dell’intelligenza artificiale. Come ha spiegato il generale Robert Claude, rappresentante della Space Force presso il team funzionale avanzato per la gestione delle battaglie (ABMS CFT), molte delle opzioni generate dall’AI non erano completamente praticabili. Gli algoritmi, pur veloci e prolifici, possono trascurare dettagli critici: per esempio, il tipo di sensore di un’arma o le condizioni meteorologiche che ne compromettono l’efficacia. Questo genere di sfumature, apparentemente minime, può avere conseguenze decisive sul campo, rendendo indispensabile la presenza di un operatore umano per verificare e adattare le soluzioni proposte dalla macchina. Claude ha sottolineato come, nonostante la promessa dell’automazione, il giudizio umano rimarrà fondamentale in ogni fase del processo decisionale, almeno per il prossimo futuro.
Nonostante le criticità, i vertici del Dipartimento dell’Air Force hanno espresso un ottimismo evidente. In un comunicato ufficiale, il colonnello Jonathan Zall ha definito DASH-2 come la dimostrazione che il concetto di collaborazione uomo-macchina non è più teorico, mentre il colonnello John Ohlund ha evidenziato la possibilità di gestire simultaneamente più “kill chain”, concetto che indica catene di decisioni e azioni mirate all’ingaggio di un target. La prospettiva, secondo i vertici, è quella di combinare la rapidità e la capacità computazionale dell’AI con il discernimento umano, illuminando rischi e opportunità e accelerando il processo decisionale in scenari complessi e multidimensionali.
La strada verso l’adozione diffusa di strumenti AI nel contesto militare, tuttavia, presenta sfide non solo tecniche, ma anche culturali. L’esperienza passata, come quella dei test DARPA che prevedevano assistenti AI nei cockpit dei caccia, ha evidenziato una certa diffidenza degli operatori. In uno dei casi, un pilota decise di disattivare l’assistente AI, convinto che potesse compromettere la sicurezza del volo. Allo stesso modo, secondo quanto dichiarato da Emil Michael, sottosegretario alla ricerca e ingegneria del Dipartimento della Difesa, meno del 2% della forza lavoro del Pentagono utilizza regolarmente strumenti di intelligenza artificiale, evidenziando un ritardo culturale significativo nell’integrazione della tecnologia nelle procedure operative quotidiane.
Per affrontare queste sfide, l’Air Force sta lavorando alla costruzione di un’architettura integrata di comando e controllo, nota come Advanced Battle Management System (ABMS), che mira a coordinare le operazioni attraverso domini multipli e sistemi disparati. L’obiettivo è creare una rete di capacità end-to-end, riducendo la necessità di interfacciarsi con singoli sistemi isolati e consentendo di operare alla velocità e alla scala richieste dal contesto contemporaneo. Secondo il generale Luke Cropsey, responsabile del Program Executive Officer per il Command, Control, Communications and Battle Management, entro l’autunno saranno presentate le prime strategie interne per convergere questi sistemi e raccogliere input dall’industria e dai reparti operativi, in vista di un’implementazione più uniforme e coerente.
Con DASH-3 attualmente in corso, il percorso verso un’integrazione efficace tra uomo e macchina continua. Claude ha espresso soddisfazione per la partecipazione continuativa delle aziende coinvolte in DASH-2, sottolineando come la sperimentazione costante e la raffinazione dei modelli siano essenziali per determinare se l’approccio possa essere perseguito su scala più ampia. La prossima sprint è prevista per i primi mesi del prossimo anno, confermando che l’evoluzione dell’AI nel contesto militare non è un evento singolo, ma un processo continuo, che richiede sperimentazione, adattamento e, soprattutto, fiducia nel connubio tra capacità umane e potenzialità delle macchine.
In definitiva, gli esperimenti dell’Air Force mostrano come l’AI possa aumentare significativamente la velocità e la quantità di opzioni strategiche disponibili, ma evidenziano anche i limiti insiti nella tecnologia quando si tratta di cogliere le sfumature di scenari complessi. La sfida principale resta quella di integrare questi strumenti in modo che l’uomo rimanga sempre al centro del processo decisionale, capace di giudicare e correggere le proposte generate dall’algoritmo, trasformando la rapidità computazionale in vantaggio operativo concreto e affidabile.
